Muse Joniche


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Muse Joniche, dalla Magna Grecia al XIII sec. d.c.

di Ulderico Nisticò – Tomo I Ed. Città del Sole RC 1914

 

Un libro, quello che presentiamo e raccomandiamo alla lettura, che val la pena di leggere e che, se letto con l’attenzione che merita, richiamerà alla lettura del  II volume, di  prossima pubblicazione.

Perché ?

Perché presenta, in eccellente traduzione italiana, ma con i testi greci e latini a fronte, la poesia, la scienza,  la filosofia,  fiorite nella Magna Grecia  “ di cui si parla molto senza troppo saperne, e  quella cultura jonica più moderna che è affatto ignota “,  come icasticamente scrive l’Autore  nella Prefazione.

Intanto, per quanto profondo sia il segno che la cultura greca ha lasciato sul nostro territorio esso va circoscritto nello spazio e nel tempo                     .

Lo spazio: Sibari, Crotone, Reggio, Locri, Siri, Metaponto,  Taranto, Eraclea, Thuri, Caulonia, Ipponion.

Il tempo:  nell’ VIII secolo a. c. coloni greci di diversa provenienza achei  e dori, ma anche jonici e attici fondano le città nominate.

Costoro non trovarono il deserto o le foreste abitate da fiere,  perché, nel  I millennio, il territorio è popolato da  Ausoni , Enotri , Siculi, Itali, Chori, Morgeti.

Non sempre si tratta di fior di gentiluomini;  spesso la Madrepatria li invia a “  dedurre colonie “ per levarseli di torno perché “ scomodi “.

Ma sicuramente erano, se pur discordi e in lotta fra loro ( Sibari e Crotone distruggono Siri ;  Crotone tenta invano di colpire Locri e,  sconfitta si volge contro Sibari distruggendola nel 510 a. c.),  gente di iniziativa ed intelligentissima, sconfitti e sottomessi solo dai romani nel 271 a.c.

Il periodo Magnogreco è quindi, circoscritto a cinque secoli.

I romani vennero qui  “ ad apprendere quelle arti  e vi affinarono lingua ed animi “.

“ Attorno al V sec. Le antichissime popolazioni dell’interno della Calabria  potevano probabilmente dirsi interamente ellenizzate anche sotto l’aspetto linguistico “.

“ Nel III secolo a. c. è il latino ad estendersi per tutta l’Italia centrale e Roma deduce le prime colonie militari nel  mezzogiorno;  coloni e soldati che diffondono ovunque la lingua latina”  che “ nel  I secolo a.c. ,  con l’estensione della cittadinanza  romana agli abitanti dell’Italia, diventa la lingua ufficiale dell’intera Penisola, e mette in ombra le parlate italiche “.

In “Calabria a sud dell’istmo e nella Sicilia, si continuò a usare  il greco o il greco vi venne reintrodotto dai  Romei ( I Bizantini )”.  (pag 16)

Qui la parlata era la lingua latina volgare, che la sottomissione della fine del IX secolo da parte di Bisanzio non elimina riducendo “ vieppiù lo spazio del greco che si ritirò di fronte al volgare,  presto all’italiano, e si rifugiò in aree interne e isolate, lasciando ai dialetti un’immensa eredità di parole e sintassi”. ( pag 17 )

Ci siamo soffermati alquanto sulle introduzioni al libro ( Le ragioni di un libro; sintesi di storia civile; Le vicende linguistiche delle terre joniche ) perché in esse il professore Nisticò, con straordinaria ma a lui congeniale capacità di sintesi possibile solo a chi a già fatto l’analisi, cioè ha  amplissima cultura, ci offre un quadro completo di quello che era  e di quello che è oggi la Calabria.

A questo punto dovremmo parlare dei  presentati e tradotti;  ma ci accorgiamo che il nostro discorso diverrebbe troppo lungo e conviene rinviarlo ad altra puntata, limitandoci, per ora, a dire che, in questo  I volume   i frammenti greci sono di: Stesicoro, Ibico, Alessi, Nosside, Rintone, Leonida;  quelli latini di: Livio Andronico, Ennio, Pacuvio, Orazio, Cassiodoro, Gioacchino da Fiore.

Antonio Anzani